Trust,
applicazioni
e attualità
Strumento giuridico versatile e di forte modernità, ne scopriamo utilizzi
e caratteristiche in compagnia di due professionisti:
gli avvocati Luca Battistella
e Fabio Trommacco dello studio legale Btm,
tra i principali esperti in materia a Torino
di SARA LANFRANCHINI
foto MARCO CARULLI
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importante? Per comprenderne caratteristiche e utilizzi,
per coglierne la forte carica di attualità e scoprire
come questo strumento venga recepito dalla legislazione
italiana, ci siamo rivolti a due esperti: gli
avvocati Fabio Trommacco e Luca Battistella dello studio legale Btm di Torino (Corso Ferrucci, 105 – Tel.
011.4330797 – www.studiobtm.it). L’uno torinese e l’altro
originario del Triveneto, si sono incontrati proprio
in virtù di questo interesse comune, che condividono
da oltre dieci anni.
Associati dal 7 novembre scorso, hanno unito le loro
competenze di diritto internazionale – l’esperienza negli
Stati Uniti di Battistella, anche vicepresidente della
Camera Tributaria di Torino, i rapporti professionali di
Trommacco con Londra, patria per eccellenza del trust,
la specializzazione comune in diritto tavolare, che li porta
a operare anche fuori dei confini regionali ecc – per
occuparsi in modo specifico di trust.
«Le origini di questo istituto – introduce Battistella – risalgono a tempi remoti addirittura precedenti
alla conquista dell’Inghilterra da parte dei Normanni ,
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i casi che si verificarono
durante le Crociate: l’uomo d’arme in partenza per la
Terra Santa (che potremmo definire ‘settlor’ o ‘disponente’)
trasferiva a un fiduciario (‘trustee’) la sua proprietà,
dando disposizioni per l’eventualità di un suo
mancato ritorno o, viceversa, per poterne rientrare in
possesso una volta rimpatriato.
«Da ciò deriva il significato del termine inglese trust – chiarisce Trommacco – che letteralmente sta per
‘affidamento’ o ‘fiducia’: si tratta quindi di negozi
fiduciari che prevedono l’amministrazione di un patrimonio
da parte di un soggetto diverso dal proprietario
originale, per il raggiungimento di uno scopo meritevole
di tutela o a favore di un beneficiario, che può
anche essere lo stesso disponente.
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In un’epoca come la nostra, pervasa da un clima
di diffusa incertezza, il fatto di poter individuare
validi strumenti di protezione del patrimonio riveste
un interesse crescente. Ciò vale tanto in
ambito societario quanto privato: in materia di diritto
di famiglia, ad esempio, la legislazione italiana
non prevede ancora una normativa che regolamenti
diritti e doveri delle coppie di fatto, per
quanto siano esse sempre più diffuse ed effettivamente
riconosciute anche nel nostro paese.
A questo proposito, un istituto sul quale si sta concentrando
con insistenza l'attenzione dei giuristi italiani è
il trust: nonostante le sue origini
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spiccatamente anglosassoni
e la sua estraneità storica alla nostra cultura,
negli ultimi anni è diventato un
argomento di analisi e
confronto serrato
in sede legale, approdato solo
recentemente al terreno della pratica.
La sua nascita si colloca in epoca medievale, ma solo
nel 1985 la Convenzione internazionale dell’Aja ha consentito
ai cittadini dei paesi continentali di fruirne; il suo
utilizzo in Italia, tuttavia, è arrivato solo nel ’92 con l’entrata
in vigore della legge di ratifica della Convenzione
stessa.
Ma cos’è esattamente il trust e perché le sue molteplici
applicazioni rappresentano oggi un tema così
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nel 1066.
Già all’epoca, infatti, si poteva assistere a fenomeni
qualificabili come ‘trust ante litteram’, che prevedevano
l’affidamento della terra a un soggetto detentore,
il quale la lavorava a beneficio di un terzo, per un
certo obiettivo».
Restano noti, ad esempio
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L’istituto del trust,
nell’epoca contemporanea, ha acquistato nuova rilevanza
in virtù della sua attualità e versatilità: il bene cui
si riferisce, infatti, viene ‘segregato’ per un determinato
periodo di tempo, ovvero lo si garantisce attraverso
un legame vincolante e reciproco tra il bene stesso
e il suo scopo».
In altre parole, i beni in trust costituiscono una ‘massa
indistinta’ che non diventa parte del patrimonio del
‘trustee’, i cui poteri si limitano alla gestione, potendo
egli disporre dei beni solo in conformità delle
disposizioni del trust e della regolamentazione imposta
per legge.
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