Fabio Trommacco Studio Legale Fabio Trommacco Studio Legale
    TRUST e PUBBLICITÀ IMMOBILIARE (Luca Battistella, Fabio Trommacco)

Il presente studio riguardante la pubblicità immobiliare del trust non intende analizzare i temi generali che il fenomeno trust pone per una sua piena applicazione in Italia, ma si limiterà a verificare come e se il sistema di pubblicità immobiliare italiano ponga prerogative particolari alla gestione del trust.
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L’istituto del trust è stato recepito nell’ordinamento italiano, non con una regolamentazione diretta dello stesso, ma con l’adesione alla Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985, ratificata dalla Repubblica italiana con legge 16 ottobre 1989, n. 364, entrata in vigore il 1° gennaio 1992.

Con tale adesione lo Stato italiano si è obbligato al riconoscimento di un istituto sicuramente estraneo al proprio ordinamento, soggetto alla legge regolatrice scelta dal disponente, non definito concettualmente ma descritto nelle sue caratteristiche minime (in particolare si vedano gli artt. 2 e 11 Conv. L’Aja).

L’art. 12 Conv. L’Aja riconosce la facoltà al trustee di registrare i beni mobili e immobili richiedendone l’iscrizione nella sua qualità di trustee o in qualsiasi modo che riveli l’esistenza del trust, a meno che non sia vietato o sia incompatibile a norma della legislazione dello Stato nel quale la registrazione deve aver luogo.

Su questo punto nel corso degli anni sono state sollevate molte perplessità che sembrano riguardare non solo i trust interni, ma in generale tutti i trust in cui siano coinvolti beni immobili situati in Italia.

La giurisprudenza e la dottrina italiane si sono occupate delle principali problematiche collegate agli adempimenti pubblicitari conseguenti ad atti di trust, pronunciandosi, finora per lo più in senso favorevole.

Le critiche mosse in merito alla trascrivibilità del vincolo in trust dalla dottrina e dalla giurisprudenza italiane possono così riassumersi:

1. la proprietà del trustee sarebbe una “nuova forma di proprietà” sconosciuta al nostro ordinamento, e ciò violerebbe il numerus clausus dei diritti reali [1];

2. il sistema della trascrizione delineato dal Codice civile è improntato a criteri rigidi di tipicità, connessi alla tipicità dei diritti reali, che non consentono di trascrivere il vincolo che il trust imprime sui beni e, più in generale, gli atti che producono effetti diversi da quelli tipici [2].

Sotto il profilo della compatibilità ai fini della trascrizione, va ricordato come in dottrina si contrappongono due scuole di pensiero delle quali, l’una ritiene non consentita, sulla semplice base dell’art. 12 Conv. L’Aja la trascrizione della qualità di trustee, sostenendosi che essa violerebbe il principio della tipicità della trascrizione; più precisamente i fautori di questa teoria sostengono che il combinato disposto dagli artt. 2643 e 2645 c.c. consente sì la trascrizione anche di atti non esplicitamente menzionati nell’elenco di cui all’art. 2643, ma che tale facoltà è riservata esclusivamente a quegli atti che producono i medesimi effetti di quelli ivi indicati. E proprio perché gli effetti segregativi del trust non sono identici ad alcuno di quelli prodotti dalla pubblicità degli atti elencati in tale norme, ne rimane inibita ogni forma di pubblicità immobiliare [3].

Sull’altro versante si pone un’altra corrente di pensiero che ritiene al contrario che la fonte normativa dell’art. 12 della Convenzione, nel consentire al trustee di “richiedere la iscrizione della sua qualità di trustee o in qualsiasi altro modo ...”, sia sufficiente per la finalità in discussione. Ciò in quanto, si è detto, la ratifica della Convenzione ha comportato di per sé e da sola, l’acquisizione nel sistema sostanziale di un’altra espressa previsione di trascrizione consentita: è stato fatto riferimento al principio della legge posteriore che abroga e corregge quella anteriore, della legge speciale che prevede, autonomamente, un’ipotesi di trascrizione. Si è ancora fatto riferimento al principio di sistematicità nella interpretazione delle leggi, nonché alla considerazione che la mancata pubblicità della qualità di trustee renderebbe di fatto e senza giustificazioni la Convenzione inapplicabile per i trust immobiliari.

Fatti questi rilievi a quasi 20 anni dall’entrata in vigore della Convenzione de L’Aja, è invece opinione comune che ritenere o meglio “definire illecito l’istituto del trust” è, in diritto carente di significato, ove solamente si consideri essere il nostro Paese parte della Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985 sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento.

Sostenere, quindi, che il trust è inconciliabile col diritto positivo italiano non ha senso perché, per addivenire a tale conclusione, bisognerebbe affermare che tutta la legge 16 ottobre 1989, n. 364 si ha per non scritta.

In primo luogo, quanto alla pubblicità degli effetti traslativi (salvo in caso di trust autodichiarato in cui tali effetti non si producono) è stato chiarito che il trasferimento di beni al trustee non crea un nuovo e atipico diritto di proprietà, in quanto, a seguito del trasferimento, i beni entrano nella piena proprietà e disponibilità del trustee. Pertanto, l’atto di trasferimento da disponente a trustee sarà, a tutti gli effetti, un atto che trasferisce la proprietà di beni immobili, secondo quanto previsto dagli artt. 2643 e 2645 c.c..

L’art. 12 della Convenzione impone sicuramente allo Stato aderente l’ob­bligo di dare pubblicità al trust se questa è l’intenzione del trustee, anche perché, in ordinamenti come il nostro, questo pare l’unico modo per far sì che si producano gli effetti segregativi di cui all’art. 11, effetti che lo Stato si è obbligato a riconoscere nel caso un determinato atto possa qualificarsi come trust.

Si ritiene, pertanto, che la disposizione convenzionale sia sufficiente a legittimare la trascrizione che riveli l’esistenza del trust. Il fatto che il legislatore non abbia provveduto a modificare, in sede di ratifica della Convenzione, le disposizioni del sesto Libro del Codice civile (come pure avrebbe potuto e forse avrebbe fatto meglio a fare) non significa che tali atti non possono ricevere adeguata pubblicità, poiché nessuna norma del nostro ordinamento lo impedisce.

Del resto, pure in mancanza di tale “adeguamento”, l’ordinamento offre strumenti idonei ad effettuare la pubblicità degli atti istitutivi di trust e degli atti di trasferimento di beni immobili in trust.

Per proseguire questa indagine pare opportuno distinguere tra le seguenti ipotesi di trust:

a) trasferimento della proprietà di beni immobili (ovvero trasferimento o costituzione di altro diritto reale) dal disponente al trustee, in sede di atto istitutivo del trust;

b) acquisto effettuato dal trustee (di un trust già esistente) di un bene destinato a divenire “bene in trust”;

c) atto istitutivo di un trust autodichiarato, con il quale, il disponente dichiara di tenere in trust un bene già di sua proprietà.

La giurisprudenza italiana si è occupata di tutte e tre le ipotesi suddette, individuando le seguenti prassi:

a) della prima ipotesi, atto di trasferimento della proprietà di beni immobili dal disponente al trustee, si è occupato per primo il Tribunale di Bologna con decreto 18 aprile 2000 [4]. Il tribunale accogliendo il reclamo (trascrizione eseguita con riserva) e ordinando di eseguire in via definita la trascrizione a favore del trustee, ha ritenuto assimilabili gli effetti dell’atto istitutivo di trust a quelli dell’art. 2643, n. 1, c.c., pur trasferendosi in capo al trustee un diritto di proprietà “qualificato” dai particolari vincoli discendenti dal trust, e pertanto ha ritenuto il relativo atto trascrivibile ai sensi degli artt. 2643, n. 1 e 2645 c.c..

b) della seconda ipotesi si è occupato il Tribunale di Chieti in data 10 marzo 2000 [5], e cioè acquisto di un immobile da parte del trustee. In tale situazione, il rifiuto di trascrizione della Conservatoria era giustificato dalla particolare qualifica dell’acquirente-trustee. Il Tribunale ha ritenuto trascrivibile l’atto di compravendita ai sensi dell’art. 2643 c.c., rilevando che questa norma non pone limitazioni ricollegabili alle parti contraenti;

c) della terza ipotesi si è occupato il Tribunale di Pisa in data 22 dicembre 2001 [6], intervenendo, anch’esso, come il Tribunale di Bologna, su una trascrizione eseguita con riserva. In particolare il tribunale pone in rilievo l’affinità della fattispecie del fondo patrimoniale comportante l’imposizio­ne del vincolo su alcuni beni senza che ne concorrano effetti traslativi a quella del trust, e soprattutto risalta la sostanziale corrispondenza della disciplina pubblicitaria prevista, in maniera più precisa, dall’art. 2647 c.c. e di quella prevista dall’art. 12 della Convenzione, seppure in maniera più generica in quanto tale norma prescrive soltanto la trascrizione indiscriminata senza precisare le modalità.

Restano ora da chiarire gli aspetti pratici relativi alle modalità con cui eseguire le iscrizioni in Conservatoria. In particolare per quanto riguarda la trascrizione del vincolo, prevista, ma non disciplinata quanto alle modalità, dall’art. 12 Conv. L’Aja, si farà applicazione analogica di quanto dettato dall’art. 2647 c.c. in materia di fondo patrimoniale.

Riprendendo la casistica sopra riportata alle lettere a, b, c, proponiamo le seguenti indicazioni pubblicitarie:

A) atto istitutivo di un trust nel quale il disponente trasferisce al trustee la proprietà di beni immobili (ovvero trasferisce o costituisce un diritto rea­le sugli stessi):

  • trascrizione ai sensi degli artt. 2643 e 2645 c.c. a carico del disponente ed a favore del trustee e la trascrizione dei vincoli legali (art. 11 Conv. L’Aja) a carico del trustee;

  • nell’apposito spazio del QUADRO A riservato alla descrizione della convenzione si indicherà “Costituzione in trust di beni immobili”;

  • nel QUADRO C riservato ai soggetti dovranno essere indicate le generalità degli stessi a favore TRUSTEE e contro DISPONENTE, senza ulteriori precisazioni;

  • nel QUADRO D potranno (ma sembra opportuno) essere indicati tutti gli elementi contenuti nell’atto istitutivo ai quali si vuole dare conoscibilità e che si ritengano opportuni per una esatta pubblicità immobiliare, questo anche ai fini di una chiara opponibilità ai terzi;

B) acquisto effettuato da un trustee (di un trust già istituito) di un bene destinato a divenire “bene in trust”:

  • trascrizione ai sensi dell’art. 2643 c.c. a carico dell’alienante ed a favore del trustee, nonché, trascrizione vincoli legali (art. 11 Conv. L’Aja);

  • nel QUADRO A, riservato alla descrizione della convenzione, il negozio in virtù del quale è avvenuto il trasferimento, il quale avrà sicuramente una codificazione negli attuali sistemi di pubblicità immobiliare;

  • nel QUADRO C riguardante i soggetti dovranno unicamente essere indicate le generalità dei soggetti a favore TRUSTEE e contro ALIENANTE, senza ulteriori precisazioni;

  • nel QUADRO D sarà opportuno indicare che l’acquirente agisce in qualità di trustee ed essere indicati tutti gli elementi contenuti nell’atto istitutivo ai quali si vuole dare conoscibilità e che si ritengano opportuni per una esatta pubblicità immobiliare, questo anche ai fini di una chiara opponibilità ai terzi;

C) atto istitutivo di un trust autodichiarato, con il quale, il disponente proprietario si dichiara trustee di un proprio bene:

  • in questo caso c’è solamente l’imposizione del vincolo senza effetti traslativi e dovrà quindi eseguirsi la sola trascrizione ex art. 2647 c.c. a carico del disponente che si fa trustee;

  • nel QUADRO C potrebbe essere indicato solo come soggetto “contro” il TRUSTEE con le sue generalità, in conformità al disposto dell’art. 2659 c.c., senza ulteriori qualificazioni. È tuttavia preferibile effettuare la trascrizione “contro” il Disponente e a “favore” dello stesso in qualità di trustee al fine di rendere immediatamente rilevabile il vincolo del trust anche a seguito di ricerca nominativa in capo al solo disponente;

  • nel QUADRO D potranno (ma sembra opportuno) essere indicati tutti gli elementi contenuti nell’atto istitutivo ai quali si vuole dare conoscibilità e che si ritengano opportuni per una esatta pubblicità immobiliare, questo anche ai fini di una chiara opponibilità ai terzi.

Il trust nel sistema tavolare

La pubblicità tavolare si attua attraverso un sistema complesso di scritture, organizzate in registri e raccolte di documenti, che unitamente intesi sono detti “Libro Fondiario”. A differenza dei registri immobiliari previsti dal Codice civile per la realizzazione di una pubblicità istituita su base personale, il Libro Fondiario è strutturato su base reale, dal momento che le iscrizioni sono ordinate sulla base del bene, allo scopo di documentare la situazione giuridica dei beni immobili esistenti su un determinato territorio.

Per il principio di legalità, analogo a quello affermatosi negli altri sistemi di tipo germanico, nessuna iscrizione può avvenire se non è ordinata con decreto dal Giudice tavolare, previo controllo da parte dello stesso del titolo in base al quale si richiede l’iscrizione.

A diversità che nei sistemi di diritto latino, per dar corso alla pubblicità non è necessario procedere al solo esame formale della regolarità dell’atto, ma occorre verificarne anche il fondamento giuridico. Tale controllo è effettuato in modo rigoroso dal Giudice, che deve vagliare il titolo sotto il profilo sia formale che sostanziale, il potere di disporre del dante causa in relazione sia al bene che al diritto trasferito.

E poiché in ambito tavolare vige altresì il principio di causalità, stigmatizzato nell’art. 26 legge tav., in base al quale “trattandosi dell’acquisto o della modificazione di un diritto tavolare, gli atti devono contenere una valida causa”, essa dovrà essere adeguatamente dimostrata.

Dimostrazione questa che non potrà di norma essere fornita se non esibendo al Giudice tavolare l’atto istitutivo del trust.

Corretto sembra pertanto il rilievo secondo cui il Giudice tavolare richiesto di procedere alle formalità pubblicitarie a seguito di un trust immobiliare dovrà previamente verificare l’esistenza del trust, la sua validità e l’immunità del titolo da vizi che ne possono menomare l’efficacia.

Da tali importanti principî discende che non sono consentite iscrizioni al Libro Fondiario non adeguatamente giustificate da titoli idonei: “il sistema del Libro Fondiario non ammette, in sostanza, di dare ospitalità ad iscrizioni foriere di fornire indicazioni non corrispondenti al diritto sostanziale effettivo”.

Collegato al principio di legalità ed in qualche modo dipendente da esso, è poi il principio, cardine del sistema tavolare, della “pubblica fede”. Esso costituisce la sintesi della doppia funzione riconosciuta alla pubblicità tavolare:

  • quella negativa, conosciuta anche nel sistema di conservatoria, secondo cui ciò che non è iscritto nei registri immobiliari è inefficace nei confronti dei terzi;
  • quella positiva, in base al quale quanto vi è iscritto è efficace in favore dei terzi.

Il primo intervento in sede tavolare in materia di trust deriva da un decreto del Tribunale di Belluno [7] che decide in sede di reclamo tavolare in merito al ricorso avente ad oggetto la richiesta di intavolazione della proprietà di alcuni immobili a nome di una persona fisica, designata dal titolare dei beni stessi quale trustee, in virtù di un separato atto di trust, nonché relativamente alla coeva istanza di annotazione della qualità, appunto, di trustee in capo al suddetto designato.

L’atto portato all’attenzione del Tribunale rifletteva, in particolare, il trasferimento in capo al trustee, di un trust istituito con separato atto, di beni immobili, alcuni dei quali siti nel Comune di San Vito di Cadore ed altri in quello di Cortina d’Ampezzo.

La particolarità del caso è determinata dal fatto che mentre i primi furono regolarmente trascritti presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Belluno a nome del trustee, per quelli siti in Cortina d’Ampezzo, sia il Giudice Tavolare, prima, che il Tribunale di Belluno, in sede di reclamo, hanno negato ogni formalità di pubblicità.

Il decreto ha suscitato interesse in quanto per la prima volta si è affrontato il problema della compatibilità dell’istituto con il regime tavolare italiano.

Il Tribunale, inoltre, non si è limitato ad affrontare il problema sotto un profilo squisitamente tavolare o della pubblicità immobiliare, ma ha preso posizione su numerosi temi in materia di trust, sia per quanto riguardava i numerosi interrogativi posti dai reclamanti sia anche in riferimento a tematiche di carattere generale.

Il Tribunale di Belluno ha dichiarato “incompatibile” il trust con il diritto tavolare.

Non si capisce perché un sistema di pubblicità come quello tavolare dovrebbe ignorare l’iscrizione del vincolo e della fisionomia del diritto così come si consolida il diritto stesso in capo al trustee.

In fondo si annota persino la revoca di una procura generale, il vincolo di fondo patrimoniale, il vincolo di comunione legale … Non si vede che ostacoli ci siano ad iscrivere accanto al nome del proprietario l’eviden­zia­zione dell’esistenza di un trust.

Il contenuto dell’annotazione è riportato in due articoli del testo della legge tavolare [8].

La funzione dell’annotazione (analogamente a quanto avviene per alcune forme di trascrizione di cui all’art. 2643, da n. 8 a 14 c.c.) è di rendere noto un fatto, un rapporto, un atto che abbiano conseguenze giuridiche.

L’annotazione non costituisce diritti, ma “mette sull’avviso” colui che consulta le risultanze del Libro Fondiario.

Tale iscrizione può servire sia per il fatto in sé, che per raggiungere lo scopo di impedire che alcuno possa accampare l’ignoranza del fatto. L’i­sti­tuto dell’annotazione è quello che più tenta di conciliare il sistema tavolare con l’ordinamento civile italiano, incentrato sul principio di pubblicità come dichiarativa o notizia.

I requisiti per farsi luogo all’annotazione sono quelli occorrenti per l’in­tavolazione.

Ricordiamo infatti che l’art. 12 del r.d. 28 marzo 1929, n. 499 stabilisce la generale inapplicabilità al sistema tavolare degli articoli del Codice civile, disponendo, in particolare la espressa non applicabilità dei Capi I e II del Libro VI del Codice civile.

Questa norma, apparentemente di massima chiusura, è temperata da quanto previsto nel comma successivo della stessa dove si legge che “tutti i richiami di leggi o decreti a trascrizioni, iscrizioni o annotazioni nei registri immobiliari si intendono riferiti alle corrispondenti intavolazioni, prenotazioni o annotazioni previste dalla legge generale sui libri fondiari mantenuta in vigore con l’art. 1 del presente decreto, in quanto non vi osti la diversa natura delle iscrizioni”.

Il sistema di norme che prevede la pubblicità nei Libri Fondiari di fatti che si riferiscono a diritti immobiliari si chiude, per la parte che ci interessa, nel disposto dell’art. 20, lett. h, legge tav. (testo della legge generale sui Libri Fondiari allegato al r.d. 28 marzo 1929, n. 499), il quale prevede che forma oggetto di annotazione anche “ogni altro atto o fatto riferentesi a beni immobili, per il quale le leggi estese, quelle anteriori mantenute in vigore o quelle successive richiedano o ammettano la pubblicità, a meno che questa debba eseguirsi nelle forme dell’art. 9 della presente legge”.

Attraverso tale ultima disposizione si consente alle norme giuridiche previste per la pubblicità nei registri immobiliari, che non trovino già il proprio corrispondente nella legge tavolare, di ampliarsi con pienezza di effetti anche nel sistema fondiario, rimanendo naturalmente fermo il limite della compatibilità [9].

L’effettuazione di tali annotazioni, delle quali vi è ormai ampia traccia non occasionale nei registri tavolari, non intacca il principio di tassatività dell’elenco degli atti soggetti ad iscrizione pubblicitaria al Libro Fondiario, in quanto esse sono previste da fonti normative non inserite nel Libro VI del Codice civile e quindi suscettibili di trovare ospitalità in ambito tavolare in virtù dell’art. 20, lett. h della legge generale sui Libri Fondiari.

Ed è in base a questa norma che si pongono le odierne riflessioni, cioè se il sistema tavolare italiano ponga prerogative diverse e più onerose, rispetto a quelle imposte dalla disciplina della trascrizione in ambito di Conservatoria.

L’art. 20, lett. h, rappresenta un’esplosione di ipotesi pubblicitarie, esplosione non solo rinvenibile nel Codice civile, ma direi soprattutto in altri testi normativi, e addirittura non solo a livello di normativa statale, ma anche di leggi regionali, di leggi provinciali.

Allorché, quindi, i legislatori statali prevedono ipotesi pubblicitarie, senza nulla dire riguardo al sistema tavolare [10], scatta a tal proposito necessaria l’opera di valutazione da parte del Giudice tavolare, condotta sul caso specifico, in merito alla compatibilità di quella determinata situazione pub­blicizzabile con principî di informazione del sistema.

Si deve prestare anche attenzione alla distinzione tra gli aspetti sostanziali di una determinata fattispecie/istituto, e gli aspetti pubblicitari, per il fatto che esista una figura che presenti delle rilevanze immobiliari sotto il profilo sostanziale ma senza che sia rinvenibile una corrispettiva previsione pubblicitaria. In questo caso nulla quaestio: non si pone neanche il problema di pubblicizzare. Il problema di pubblicizzazione con l’interpre­ta­zione del Giudice scatta soltanto quando, oltre alla previsione sostanziale, c’è anche un’espressa previsione pubblicitaria, magari solo pensata per il sistema della trascrizione ma che bisogna cercare di calare nella realtà tavolare, come nel caso del trust [11].

A questo punto, bisogna individuare il percorso normativo, che in gran parte emerge anche dalle decisioni giurisprudenziali intervenute in tema di trascrizione, per sostenere l’iscrizione del trust nel sistema tavolare e gli effetti che ne conseguono.

Alcuni chiarimenti preliminari:

  • per ipotizzare l’utilizzo della pubblicità immobiliare bisogna che si tratti di un trust riconoscibile come tale dalla Convenzione de L’Aja;

  • l’atto da iscrivere dovrà presentare i requisiti formali dell’art. 31 legge tav. (art. 2657 c.c.): cioè atto pubblico o scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente;

  • occorre chiarire che i vincoli a cui si dà pubblicità con l’iscrizione, ed in particolare la separazione patrimoniale, non sono vincoli consensualistici o obbligatori ma sono vincoli che nascono dalla legge ed in particolare dagli artt. 11 e 2 Conv. L’Aja e che presentano il carattere della realità in quanto ineriscono direttamente ai beni in trust con efficacia nei confronti di tutti [12].

Certamente l’atto istitutivo del trust dà vita ad altri vincoli di natura obbligatoria, quali gli obblighi del trustee nei confronti del disponente o dei beneficiarî, che nascono dalla volontà del disponente e non sono idonei a formare oggetto della trascrizione con l’efficacia, di opponibilità ai terzi, propria di tale formalità.

Ma questi vincoli obbligatori non vanno confusi con gli altri vincoli tipici e reali che la Convenzione, con previsione normativa avente forza di legge, attribuisce ad un trust riconoscibile come tale.

Ciò che rileva ai fini pubblicitari è la conoscibilità ai terzi che determinati beni immobili sono attribuiti in trust, rendendo pertanto trasparente l’effetto segregativo proprio dell’istituto [13].

Effetto segregativo che, ricordiamo, è quello minimo “irrinunciabile” che la Convenzione ha stabilito di dover attribuire ai beni in trust, ed è anche il punto che viene messo maggiormente in luce nell’accordare l’an­no­tazione del vincolo nel decreto tavolare del 20 luglio 2004 [14].

Nel decreto emesso presso la Sezione distaccata di Cavalese si è posto in luce che l’effetto più importante prodotto dall’istituzione del trust è rappresentato dalla “segregazione patrimoniale”, per la quale i beni posti in trust costituiscono un patrimonio separato rispetto ai beni residui che compongono il patrimonio del disponente e del trustee.

Ne dovrebbe, pertanto, derivare, quale principale conseguenza giuridica, che qualunque vicenda personale e patrimoniale che colpisca queste figure non travolge mai i beni in trust.

L’art. 12 della Convenzione infatti consente al trustee di richiedere la trascrizione dei beni in trust nella sua qualità di trustee, a meno che ciò non sia incompatibile con l’ordinamento giuridico [15].

La trascrizione deve essere effettuata perché una norma internazionale speciale concede alla parte il potere di richiederla e, altresì, perché il trust produce parte degli effetti tipici dei contratti di cui all’art. 2643 e s. c.c.

Dev’essere considerato, quindi, che l’art. 12 della conv. ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova fattispecie pubblicizzabile, non essendoci disposizioni espresse né principî generali che configurino un divieto di trascrizione del trust. Del pari non si ravvisa alcuna incompatibilità con il sistema tavolare, trattandosi di pubblicizzare il fatto che l’acquisto o la destinazione di un determinato immobile è avvenuto non in nome proprio o per utilità propria, ma nella qualità di trustee, al fine di garantirne la segregazione

Del resto va ricordato come, nel caso di annotazione di fondo patrimoniale, ipotesi espressamente consentita dalla legge tavolare [16], il legislatore non richiede (né consente) che siano oggetto di segnalazione pubblicitaria le limitazioni sulla amministrazione eventualmente previste negozialmente nella costituzione del fondo ai sensi dell’art. 169 c.c..

Nel trust, i beni passati al trust saranno di proprietà del trustee, ma con un vincolo di destinazione che non gli impedirà di disporne in conformità dell’atto costitutivo.

La affinità strutturale, indubbiamente esistente fra il trust e il fondo patrimoniale, si rivela utile soprattutto sul piano della pubblicità immobiliare per elaborare concrete modalità di trascrizione conformi al nostro sistema e quindi idonee a rendere opponibile ai terzi l’esistenza del trust.

A questo fine l’attenzione dovrà porsi sui meccanismi “traslativi” e sugli effetti “vincolistici” cui danno vita entrambi gli istituti tenendoli concettualmente distinti e tenendo presente che la separazione o segregazione per il trust è elemento necessario ed indefettibile in entrambe le figure, mentre può mancare qualsiasi trasferimento di diritti.

A conclusione di questo discorso, si vuole ora focalizzare l’attenzione sul­l’aspetto prettamente pratico dell’iscrizione del trust nel sistema tavolare.

Trasferimento di un immobile al trustee

Per prima cosa parliamo della dotazione in trust di un immobile.

La dottrina, non ravvisando alcuna incompatibilità della Convenzione con il sistema tavolare, ritiene che tale iscrizione sia una ipotesi tipica di annotazione tendente a pubblicizzare il fatto che l’acquisto di un determinato bene immobile è avvenuto da parte di un soggetto, nella sua qualità di trustee, al fine di garantirne la segregazione.

Di conseguenza, alla luce del combinato disposto dell’art. 12 del r.d. 28 marzo 1929, n. 499 e dell’art. 20, lett. h, legge tav., la qualità di trustee dovrebbe ottenere evidenza tavolare mediante annotazione nel Libro Fondiario.

Su questo punto non mi trovo d’accordo in quanto ritengo che non vada indicata la qualifica, mancando nella legge tavolare la previsione di una qualifica accanto al nome ed inoltre considerato che siamo in un sistema di pubblicità immobiliare a carattere reale e lo stesso trust sottopone un vincolo sul corpo tavolare.

Si è optato per questo tipo di iscrizione nel foglio “B” (nel caso non gravasse tutte le particelle presenti nella partita tavolare nel foglio “A 2”):

“SI ORDINA

In P.T. […] C.C. – nel foglio B delle porzioni

L’INTAVOLAZIONE DEL DIRITTO DI PROPRIETÀ PER […] e L’AN­NO­TAZIONE DELLA COSTITUZIONE IN TRUST di questo corpo tavolare, a’ sensi dell’art. 11 della L. 368/89 e dell’atto contenente istituzione di trust dd […] (sub GN … eventualmente)”.

La parola costituzione deriva dall’art. 11 della legge 16 ottobre 1989, n. 364.

L’annotazione della “costituzione” in trust implica automaticamente che il proprietario è il trustee.

Vincolo in trust di immobile già di proprietà del trustee

Atto istitutivo di un trust auto-dichiarato, con il quale il disponente-proprietario si dichiara trustee di un bene di sua proprietà. In questo caso c’è solo l’imposizione del vincolo senza effetti traslativi e dovrà quindi eseguirsi la sola annotazione ex art. 20, lett. h, a carico del disponente del vincolo del trust, come sopra precisato.

“In P.T. […] C.C. – nei fogli B delle porzioni […]

L’ANNOTAZIONE DELLA COSTITUZIONE IN TRUST di questo corpo tavolare, ai sensi dell’art. 11 della L. 368/89 e dell’atto contenente istituzione di trust dd […]”.

Acquisto di immobile da parte del trustee

Acquisto effettuato dal trustee (di un trust già istituito) di un bene destinato a divenire “bene in trust”. In questo caso il trustee dovrà dichiararsi tale in atto, richiamando l’atto istitutivo del trust e in atto sottoporre a vincolo il bene. Nella P.T. si intavola il diritto di proprietà, con una nuova intavolazione e annotazione se si apre una nuova P.T., o semplicemente estendendo l’annotazione del trust precedente alla nuova particella o, se il trust è parziale, magari con l’aggregazione al corpo tavolare, aperto all’in­terno della stessa partita, per il trust.

“L’ANNOTAZIONE DELLA COSTITUZIONE IN TRUST di questo corpo tavolare, a’ sensi dell’art. 11 della L. 368/89 e dell’atto contenente istituzione di trust dd […] (sub GN […] eventualmente)”.

Vendita di immobile con annotazione di trust e costituzione di ipoteca volontaria

Non serve alcun controllo sui poteri del trustee, questi, infatti, assume ogni decisione senza alcun controllo giudiziale e con assoluta pienezza di poteri.

Il guardiano (protector) che abbia il compito di monitorare l’attività del trustee senza, in linea di massima, avere alcuna possibilità di interferire direttamente nelle scelte del medesimo, potrebbe dar corso ai sensi dell’art. 61 legge tav., al procedimento di cancellazione. Naturalmente, nel caso in cui il guardiano fosse invece investito di un potere di veto e quindi avesse la possibilità di interferire nelle scelte del trustee, il Giudice Tavolare, ai sensi dell’art. 94 n. 2 L.T., potrebbe controllare la legittimazione del trustee al compimento dell’atto, così come accade in materia societaria per il soggetto che interviene nel negozio”.

Successione del trustee

Poiché, sia in caso di morte che di incapacità o dimissioni del trustee, vi è un trasferimento di proprietà dal vecchio al nuovo trustee si dovrà valutare se servirà un atto di trasferimento [impossibile in caso di morte o di incapacità, poi bisogna tener anche conto dell’eventualità del certificato di eredità, nel nostro sistema], o se sia sufficiente, ai fini dell’intavolazione del diritto di proprietà in capo al nuovo trustee, il richiamo all’atto originario, (inteso come risolutivamente e sospensivamente condizionato) e la produzione di copia estrattiva conforme del Libro degli Eventi, dal quale risulti il nome del successore [o il provvedimento di nomina del Consiglio Notarile o del Presidente del Tribunale se designati nell’atto alla nomina del successore].

Pignoramenti, sequestri, annotazione di fallimento e ipoteche giudiziali contro il trustee

Nel trust i beni conferiti al fondo sono segregati, non appartengono né al disponente, né al trustee e pertanto sono sottratti e inattaccabili dai rispettivi creditori. L’effetto segregativo trova legittimazione in virtù della Convenzione stessa.

Due sono le soluzioni ipotizzabili:

1) poiché al Giudice tavolare non compete una valutazione di merito in ordine al debito che ha originato la domanda di iscrizione dell’aggravio, si procederà all’iscrizione (tale orientamento in materia di fondo patrimoniale è fatto proprio dai Tribunali di Bolzano con decr. 7 febbraio 1995, di Rovereto, 18 giugno 1998 e di Trento, 17 settembre 1998).

Tuttavia nel caso di un trust traslativo vi è anche il problema del predecessore tavolare: ex art. 21 legge tav.: “le iscrizioni possono eseguirsi solo in confronto di colui che al tempo della domanda risulta iscritto nel libro fondiario quale titolare del diritto riguardo al quale si chiede l’iscrizione, oppure che viene contemporaneamente intavolato o prenotato come tale”.

Quindi in un caso di trust auto-dichiarato si potrebbe eseguire, rimettendo ai giudici di merito ogni decisione; non così nel caso di trust traslativo, in quanto risulterebbe differente il proprietario tavolare.

Pertanto, valutare di volta in volta;

2) rigetto di tutte le iscrizioni se non rivolte contro il trust per operazioni compiute dal trustee in tale veste, analogamente a quanto previsto per il fondo patrimoniale per debiti contratti nell’interesse della famiglia.

Il certificato ereditario e il trust (brevi considerazioni)

Gli istituti che corrono sotto il nome di “certificato di eredità” e “certificato di legato” sono nati col varo del r.d. 28 marzo 1929, n. 499, introduttivo del “Nuovo testo generale sui libri fondiari”.

La disciplina degli acquisti a titolo derivativo per causa di morte è contenuta nell’art. 3 del r.d. 28 marzo 1929, n. 499: “Chi acquista a titolo di successione ereditaria o di legato la proprietà o un altro diritto reale su beni immobili non può farne iscrivere il trasferimento a suo nome nel Libro Fondiario se non mediante presentazione al Giudice tavolare del certificato di eredità o di legato rilasciato dalla competente autorità giudiziaria, ai sensi delle norme contenute nel seguente titolo.

Nessun diritto può essere iscritto nei Libri Fondiari a carico di chi abbia acquistato a titolo di eredità o di legato la proprietà o altro diritto reale su beni immobili, se il diritto di costui non sia stato a sua volta iscritto in conformità del comma precedente”.

Questo singolare provvedimento giurisdizionale che è il certificato di eredità costringe chiunque voglia disporre dei diritti successori a munirsi di un decreto del tribunale che certifichi la devoluzione dell’eredità.

L’effetto dell’iscrizione a favore dell’erede e del legatario (art. 3, comma 2, r.d. 28 marzo 1929, n. 499) non sarà però di opponibilità, in questo caso non ha senso parlare di iscrizione necessaria a fini di opponibilità, bensì la necessità, la opportunità a seconda dei casi di disporre dei beni dell’asse ereditario. È evidente che in virtù dell’art. 21 legge tav. che regola il fenomeno del c.d. predecessore tavolare, secondo il quale si può disporre dei beni intavolati soltanto nella misura in cui si è proprietari tavolari di questi beni, in tal modo fa sì che l’erede, pur proprietario extra-tavolarmente, sia obbligato a richiedere il certificato ereditario al fine di disporre dei beni ricevuti dalla successione.

Gli eredi ed i legatari saranno spinti ad attivare la procedura successoria nella misura in cui dovranno disporre del diritto e questi lo dovranno fare in esempio al fondamentale principio di cui all’art. 21 del predecessore tavolare, e lo devono fare previamente. Nel sistema tavolare non si può disporre, ottenere l’iscrizione tavolare e poi sistemare la faccenda a posteriori, come consente l’art. 2650 c.c. [17].

Il primo problema che viene in considerazione attiene alla previsione dell’art. 13 del r.d. 28 marzo 1929, n. 499 relativa al rilascio del certificato di eredità e di legato [18].

Si tratta di un documento a formazione giudiziale necessario ai fini di ottenere l’intavolazione degli acquisti mortis causa.

Nel caso di specie, questo certificato potrà essere rilasciato ad un soggetto nominato trustee in virtù di un trust testamentario?

Si tratta di vedere i supporti normativi in base ai quali attribuire evidenza tavolare al trust, in capo al soggetto che ha ottenuto a proprio favore il “certificato di eredità”.

Naturalmente nel nostro ordinamento è possibile assumere la qualità di erede sotto condizione ed anche cum onere.

L’art. 19 del r.d. 28 marzo 1929, n. 499 prevede la menzione di alcune situazioni che il Giudice deve fare in sede di rilascio, come oneri e/o condizioni e quella prevista dall’art. 17 della pendenza di lite sul diritto a succedere.

Alcuna dottrina ha ravvisato anche la possibilità di inserire delle menzioni facoltative, cioè non espressamente previste, al fine di consentirne l’annotazione con la successiva intavolazione del diritto acquistato, ad esempio la nomina ad esecutore testamentario o una clausola di indivisione ex art. 714 c.p.c..

Sulla scorta di questo si potrebbe far menzione del trust nel certificato di eredità, per poi procedere alle relative operazioni tavolari.

(Altalex, 16 febbraio 2011. - Nota di Fabio Trommacco e Luca Battistella)

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[1] L Ragazzini, Trust interno e ordinamento giuridico italiano, in Riv. notariato, 1999, p. 279 e ss.; F. Gazzoni, Tentativo dell’impossibile, in Riv. notariato, 2001, p. 15 e ss.; C. Castronovo, Trust e diritto civile italiano, Relazione al Convegno di Studi Negozio fiduciario e trust, organizzato dal Comitato Notarile della Sicilia, Taormina 6-7 marzo 1998, Riprodotto da Europa e dir. priv., 1998, p. 1335.

[2] Cfr., oltre agli autori già citati, App. Napoli, 27 maggio 2004, in Trusts e att. fiduc., 2004, 4, p. 570 che, rifiutando la trascrizione di un trust autodichiarato, fonda la motivazione sulla discutibile affermazione che la trascrizione è volta a risolvere questioni di appartenenza e non questioni di disponibilità aventi causa dalla disponibilità del bene. Cfr. infra, quanto sostenuto in relazione agli artt. 2447-bis e ss. c.c.

Del tutto particolare, nonché isolata, è la posizione di C. Castronovo, Trust e diritto civile italiano, cit., secondo cui la trascrizione nei pubblici registri non potrebbe avere l’effetto di rendere opponibile ai terzi il vincolo in trust, tuttavia la conoscenza del trust che i terzi acquirenti possono avere da tale trascrizione (una sorta di pubblicità notizia) legittimerebbe una exceptio doli generalis.

[3] Questa è la tesi fatta propria anche dal Tribunale di Belluno.

[4] In Trusts e attività fiduciarie, 2000, 3, p. 372 e ss.; v. anche Trib. Trento, sez. di Cles, 7 aprile 2005, in Trusts e att. fiduc., 2005, 3, p. 406.

[5] In Trusts e att. fiduc., 2000, 3, p. 372.

[6] In Trusts e att. fiduc., 2002, 2, p. 241 e ss. e Appendice Giurisprudenza, CD, p. 127; v. anche Trib. Trento, sez. di Cavalese, in Trusts e att. fiduc., 2004, 4, p. 573 e ss.

[7] Decreto 25 settembre 2002, in Trusts e att. fiduc., 2003, 2, p. 255.

[8] Uno a contenuto tassativo (“atti”: art. 19), l’altro a contenuto più descrittivo (“fatti”: art. 20); pur comprendendo i casi di maggior importanza, l’elencazione non è esauriente e pertanto di estrema importanza è, come vedremo, la disposizione di cui alla lett. h dell’art. 20.

[9] Ed è proprio su quest’ultimo aggancio normativo che si è fatto leva, da parte degli operatori del diritto, per legittimare l’annotabilità di convenzioni in materia di edilizia abitativa ed urbanistica, dei divieti di alienazione conseguenti alla concessione di mutui agevolati, dei vincoli di destinazione dell’immobile, di vincoli militari, del vincolo di indivisibilità, dell’assegnazione dell’alloggio in sede di separazione o di divorzio ad uno dei due coniugi.

[10] I legislatori provinciali si ricordano di inserire l’annotazione fondiaria nella legge.

[11] Ma cosa è possibile iscrivere nel Libro Fondiario? All’interrogativo risponde l’art. 20, lett. h, legge tav. La lettera di tale norma consente di svolgere una seconda importante considerazione.

In regime di Libri Fondiari, una volta superato con esito favorevole l’esame di compatibilità, gli atti o i fatti per i quali la legge ne ammette la pubblicità possono essere sen­z’al­tro oggetto di annotazione (ove non venga espressamente prevista altra forma), non necessitando l’ulteriore verifica, prevista invece dall’art. 2645 c.c., secondo cui la pubblicità di atti diversi da quelli elencati dall’art. 2643 è consentita solo ove quelli producano “i medesimi effetti” di questi ultimi.

Dunque, a rigore, l’eccezione mossa da quella parte della dottrina che ricorda come la regola dell’art. 2645 c.c. impedisce comunque la pubblicità per gli atti che producano effetti diversi rispetto a quelli indicati nell’art. 2643 c.c., non è pertinente per il regime tavolare.

[12] In proposito va segnalato il dato normativo contenuto nella Convenzione e che depone nel senso della realità di tali vincoli: è l’art. 11, lett. d.

In tale norma si legge che il riconoscimento di un trust implica, fra l’altro: “che la rivendicazione dei beni del trust sia permessa qualora il trustee, in violazione degli obblighi derivanti dal trust, abbia confuso i beni del trust con i suoi […]”. Come noto la rivendicazione costituisce una difesa assoluta nei confronti di chiunque azionabile solo a fronte di una situazione reale.

[13] Questa sembra per l’appunto la vera funzione della pubblicità della qualità di trustee.

[14] Si veda Trib. Trento, sez. di Cavalese, 20 luglio 2004, in Trusts e att. fiduc., 2004, 4, p. 573, a favore per l’iscrizione del trust nel sistema tavolare; v. anche Trib. Trento, sez. di Cles, 7 aprile 2005, Trib. Trieste, 23 settembre 2005; Trib. Rovereto, 28 ottobre 2005; Trib. Trento, sez. di Cles, 25 gennaio 2006 e Trib. Bressanone, 16 agosto 2006, in Appendice Giurisprudenza, CD, pp. 99, 64, 50.

[15] Si veda, nell’applicazione pratica, il fatto che nel sistema tavolare si è preferito pubblicizzare il vincolo anziché la qualità del trustee.

[16] L’annotazione del fondo patrimoniale è contemplata dalla lett. a, comma 3, art. 19, legge tav..

[17] Quindi sarà la necessità e l’opportunità di disporre del bene che spingono i nostri soggetti a chiedere l’intavolazione, quindi effetto ancora minore rispetto al problema del­l’opponibilità. Nel sistema tavolare si vuole che la questione successoria sia risolta a monte, prima della disposizione. Non credo che troverete nessun notaio disposto a fare un atto prima di aver fatto la successione, cioè prima di avere di fronte il soggetto legittimato a disporre, ossia il vero erede o il vero legatario.

[18] Art. 13, r.d. 28 marzo 1929, n. 499: “Chiunque vanti diritti ereditari può, mediante ricorso con sottoscrizione autenticata, chiedere al Tribunale in composizione monocratica del luogo in cui si è aperta la successione un certificato dal quale risultino la sua qualità di erede e la quota ereditaria, ovvero i beni che la compongono, in caso di assegnazione concreta fatta dal testatore.

Se la successione si è aperta fuori dai territori indicati dall’art. 1, il certificato deve chiedersi al Tribunale in composizione monocratica del luogo, dove si trova la maggior parte dei beni immobili del defunto esistenti nei territori medesimi.

Ove nell’eredità siano compresi beni immobili, la richiesta del certificato è obbligatoria.

Sono applicabili alle richieste dei certificati di eredità e di legato le disposizioni dell’art. 49, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 637”.


 

 
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